Le 3 spallate degli OKR ai Silos aziendali
Gli OKR sono una metodologia di goal setting che si sta rapidamente diffondendo anche da noi in Italia. Finalmente!
Si, “finalmente” perchè questa metodologia risale agli anni ’70. Si avete letto bene.
Erroneamente associati a temi di innovazione e al mondo Start Up, gli OKR furono concepiti da Andy Grove manager Intel, che nella realtà Corporate degli anni ’70 aveva già maturato due forti consapevolezze:
- il cambiamento è una normale condizione dei contesti di business
- il coinvolgimento di ogni persona ad ogni livello è fondamentale per restare competitivi e agili.
La distintività degli OKR
La metodologia OKR favorisce coinvolgimento, allineamento e chiarezza delle priorità ad ogni livello dell’organizzazione.
Traduce in azione scopo e missione, che spesso è difficile mettere a terra.
A differenza di altri sistemi di assegnazione degli obiettivi come MbO o Performance, infatti, tutte le persone dell’organizzazione non solo partecipano a definire gli obiettivi, ma sono determinanti nel definire come raggiungerli.
La promessa di favorire coinvolgimento, allineamento e chiarezza delle priorità ad ogni livello dell’organizzazione, può davvero essere mantenuta dalla metodologia OKR?
Si, è possibile!
Anche se non è scontato. Sulla base dei progetti che abbiamo realizzato – in particolare nelle Corporate – non va sottovalutato il processo per introdurli, che deve tener conto di cultura, approcci gestionali e tipologia di business.
La loro distintività è evidente perchè trasforma il “way fo working” (modo di lavorare) dalla sua radice, ossia gli obiettivi che guidano il lavoro di team, persone e organizzazioni.
Introdurre gli OKR in un contesto già consolidato – sia PMI che Corporate – richiede una visione sistemica e attente valutazioni per accelerare l’evoluzione sperata.
Infatti, l’introduzione del sistema OKR può dare diverse “spallate” a culture aziendali tradizionali, dove si sente ancora una certa presenza della gerarchia e un contesto di lavoro fatto di silos aziendali che sconta una certa inerzia nel rispondere ai cambiamenti.
Prima spallata: coniugare il COSA E IL COME
I sistemi di MbO e Performance Management si concentrano su cosa si vuole ottenere, ossia sulla definizione del risultato da conseguire.
Assegnano la responsabilità di raggiungerlo attraverso un confronto che spesso ha una dinamica negoziale, che nelle culture più gerarchiche favorisce il ruolo con maggior peso organizzativo.
Il framework OKR introduce un’importante discontinuità su come vengono definiti gli obiettivi. Ossia, definire non solo COSA si vuole raggiungere, ma anche COME raggiungerlo.
Questa operazione è davvero dirompente. Definire “cosa” e “come” spinge a confrontarsi su aspetti molto concreti, tenendo conto della strategia aziendale e portando in campo esperienze, know how e approcci su come realizzare concretamente gli obiettivi.
Molto del lavoro che seguirà è, quindi, già impostato e soprattutto condiviso nel momento della definizione gli obiettivi.
Con gli OKR, chi è responsabile del COSA realizzare partecipa a definirlo in quanto direttamente coinvolto e titolato a dire COME realizzarlo. Il momento di definizione dell’OKR non può prescindere dall’esperienza, conoscenza, strategia di chi è chiamato a realizzarlo.
Questo porta ad una ricaduta positiva su engagement, responsabilizzazione e consapevolezza.
Ruoli e gerarchie passano in secondo piano.
Seconda spallata: frequenza di aggiornamento
I sistemi di MbO e Performance Management hanno un ciclo annuale, gli obiettivi vengono definiti a inizio anno – o giù di lì – e prevedono di essere raggiunti a fine anno.
Ma se diciamo che il mondo cambia a ritmi sempre più veloci, possiamo ancora permetterci di definire obiettivi su base annuale?
Certamente no!
L’orizzonte temporale degli OKR è trimestrale, a vuole anche mensile, e la loro declinazione nelle attività operative suggerisce e favorisce un check settimanale da parte di tutte le persone che lo hanno adottato.
È così più immediato e facile rispondere all’evoluzione del mondo esterno e ridefinire velocemente le priorità e i relativi OKR.
Il risultato è un notevole aumento dell’agilità organizzativa.
È però necessario che la ridefinizione degli OKR avvenga con una certa velocità, incompatibile con una cultura che privilegia il ruolo gerarchico.
È infatti incompatibile con prassi molto più lente e poco reattive che prevedono di coinvolgere gli altri livelli della struttura organizzativa per ridefinre e aggiornare gli OKR.
Anche perchè – come indicato in precedenza – la definizione egli OKR non può prescindere dal contributo di chi dovrà realizzarli.
Terza spallata: trasparenza
I sistemi di MbO e Performance Management definiscono obiettivi all’interno di una discussione one-to-one tra capo e collaboratore. Gli obiettivi individuali definiti non vengono resi pubblici. In particolare, se hanno una formalizzazione ufficiale e impatto sul compensation.
Gli OKR, invece, sono totalmente slegati dal compensation e sono pubblici. A livello di team, funzione o intera organizzazione, tutti possono vedere gli OKR di tutti.
Questo consente di vedere come ad ogni trimestre – o mese – evolvono gli OKR di tutti, segno che le cose sono state realizzate e/o che si sono prese nuove strade per rispondere dal cambiamento o cogliere nuove opportunità.
Inoltre, la possibilità di essere informati sugli OKR di tutti, consente anche nelle strutture più grandi di:
- conoscere su cosa sta lavorando la propria organizzazione e i colleghi
- comprendere come il proprio lavoro contribuisce ad un obiettivo più grande
- prendere iniziative per creare nuove sinergie coerenti con lo scopo e l’OKR più alto dell’Azienda.
È facile capire come la trasparenza su obiettivi e priorità delle persone possa essere incompatibile con una cultura gerarchica e contesti in cui si difendono i silos aziendali.
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